IL CAPITANO FRANCESCO SAVERIO DE LEONE, EROICO PENNESE NELL'ULTIMA CARICA DELLA CAVALLERIA ITALIANA
L’ultima vittoriosa carica della storia della Cavalleria italiana, quella di Isbuschenskij, (la carica prende il nome dalla località situata in Russia presso un'ansa del fiume Don, anche se in realtà il piccolo villaggio non venne coinvolto negli scontri) effettuata da un nostro Reggimento, il 24 agosto 1942, reca la firma del pennese, in quella occasione comandante del 2° squadrone del “Savoia Cavalleria”, allora tenente Francesco Saverio De Leone (al quale è stato dedicato il giardino comunale).
Infatti, l’ordine di attacco venne impartito al 2° squadrone, il cui compito era quello di attaccare il fianco sinistro dello schieramento avversario. L'eccitazione dei cavalieri era palpabile, per molti quella era e fu l'unica possibilità di partecipare ad una carica. De Leone, seguito dai suoi sottoposti, ordinò allo squadrone di montare a cavallo e di uscire dal quadrato nella direzione opposta del nemico. Appena scompare dal campo visivo il 2° squadrone compie un'ampia conversione e l'ordine "Sciabl-mano" confermò a tutti che quella giornata sarebbe entrata nella storia.
Quella carica rappresenterà idealmente il commosso addio dell’Uomo al Cavallo che lo ha servito con fedeltà, su tutti i campi di battaglia, fino all’ultimo.
Dal combattimento con la sciabola, paradossalmente, per il cambio delle strategie militari dovute al progresso tecnologico, qualche anno dopo, nell’ambito della stessa guerra mondiale, il mattino del 6 agosto 1945, l'aeronautica militare statunitense sganciò la bomba atomica sulla città giapponese di Hiroshima.
Chi era Francesco Saverio De Leone
Nacque a Penne il 26 aprile 1916 da Nicola e Arcangela Cantagallo. A quattordici anni entrò presso il Collegio Militare della Nunziatella di Napoli dove, dal 1930 al 1934, curò i suoi studi scolastici e militari sino al 12 ottobre 1934, data in cui fu ammesso nella Regia Accademia Militare di Modena. Nominato sottotenente nel 1936, con tale grado entrò a far parte del Reggimento “Savoia Cavalleria” nel 1937.
Il 5 aprile 1941, venticinquenne, comandava il 2° Squadrone sul fronte iugoslavo.
Sul fronte russo, dove era impegnato con la sua cavalleria, il 24 agosto 1942, meritò una medaglia d'argento nella battaglia di Isbuschenskij che rappresentò l'ultima carica della Cavalleria Italiana.
Dopo l’8 settembre 1943 con quarantasette cavalieri rimasti ai suoi ordini entrò nella Resistenza meritando una seconda medaglia d’argento al Valor Militare.
Nel dopoguerra riprese servizio a Milano nuovamente nella “Savoia Cavalleria”.
Nel 1950 viene trasferito nei “Lancieri di Montebello” dove due anni dopo raggiunse il grado di Maggiore.
Morì a Padova il 5 gennaio 1965 per le conseguenze di una rovinosa caduta da cavallo.
Gli è stato intestato il giardino lungo il viale S. Francesco di Penne.
La battaglia:
Alle prime luci dell'alba del 24 agosto 1942 il "Savoia Cavalleria" (con un organico di 700 cavalieri), che aveva bivaccato in mezzo alla steppa, in quadrato, protetto dai cannoni del "Voloire", si preparava a riprendere la marcia verso un anonimo punto trigonometrico sulle sponde del Don, la quota 213,5 m.
Durante la notte tre battaglioni dell'812º Reggimento di fanteria siberiano (812 strelkovyj polk), composto da circa 2.500 soldati e facente parte della 304ª Divisione di fanteria (304 strelkovaja divizija) il cui comandante era Serafim Petrovič Merkulov, si erano portati a circa un chilometro dall'accampamento e si erano trincerati in buche fra i girasoli, formando un ampio semi-cerchio da nord-ovest a nord-est, e attendevano l'alba per attaccare le truppe italiane.
Prima di togliere il campo, gli italiani inviarono in avanscoperta una pattuglia a cavallo comandata dal sergente Ernesto Comolli, la quale doveva controllare, in particolare, un carretto di fieno intravisto la sera precedente. Fu quasi per caso che un componente della pattuglia, il caporalmaggiore Aristide Bottini, notò un soldato appostato tra i girasoli; pensando fossero alleati tedeschi, lo chiamò e questi, girandosi verso di loro, mostrò la stella rossa sovietica sull'elmetto, svelando l'identità nemica. Al primo colpo della pattuglia italiana contro di loro - sparato dal cavaliere siciliano Petroso, che centrò il russo sotto il filo dell'elmetto - i sovietici risposero con un rabbioso fuoco di mortai e mitragliatrici, che investì il quadrato italiano.
Il tenente colonnello Giuseppe Cacciandra, vice comandante del reggimento, venne ferito ad una gamba, e così il capitano Renzo Aragone, colpito ad un ginocchio, mentre il colonnello comandante, Alessandro Bettoni Cazzago, ebbe il cappotto forato da un proiettile.
Nel quadrato vi fu un attimo di sconcerto, ma gli italiani si ripresero rapidamente. I cannoni delle batterie a cavallo, comandati dal tenente Giubilaro, risposero subito al fuoco, e la pronta reazione spinse i sovietici ad arretrare il loro schieramento, troppo vicino alle linee italiane. Accortosi della manovra sovietica, il comandante del "Savoia" colonnello Bettoni Cazzago ordinò quindi al secondo squadrone, comandato dal capitano Francesco Saverio De Leone, di caricare a fondo i sovietici sul fianco; in realtà, secondo le testimonianze, sembra che il colonnello in un primo momento volesse caricare con tutto il reggimento, con lo stendardo al vento, ma fu convinto dal proprio aiutante maggiore Pietro de Vito Piscicelli di Collesano a dosare le forze in ragione dell'evolversi della situazione.
Il secondo squadrone, dopo aver effettuato un'ampia conversione, caricò a ranghi serrati e sciabole sguainate il nemico, lanciando anche raffiche di mitragliatrice e bombe a mano: i sovietici, completamente colti di sorpresa, vennero scompaginati e ripiegarono in disordine. Rimasto isolato dietro la linea nemica, il secondo squadrone compì quindi una seconda carica per rientrare nelle sue linee, aumentando così la confusione nello schieramento sovietico.
In quel momento il comandante del reggimento fece appiedare il quarto squadrone, comandato dal capitano Silvano Abba, e lo inviò a impegnare frontalmente il nemico, per alleggerire la pressione sul secondo squadrone montato. La manovra ebbe momentaneo successo, sebbene il capitano Silvano Abba venne colpito e ucciso da una raffica di mitra mentre dirigeva l'azione (per la quale fu poi insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria).
Sebbene i sovietici fossero, in buona parte, quasi allo sbando, alcuni nuclei reggevano ancora l'impeto delle due cariche (in andata e in ritorno) del 2º squadrone e dell'assalto appiedato italiani, provocando sensibili perdite fra le file dei cavalieri italiani. Il maggiore Dario Manusardi, che si era unito al secondo squadrone durante la prima carica (avendolo comandato fino a pochi giorni prima, essendo recente la sua promozione al grado superiore), si presentò al comandante di Reggimento colonnello Bettoni Cazzago sollecitando l'invio di un altro squadrone montato. Il colonnello Bettoni ordinò quindi la carica anche al terzo squadrone, comandato dal capitano Francesco Marchio, che era seguito dal comandante del 2º gruppo squadroni, il maggiore Alberto Litta Modignani, e dal personale del suo comando. Litta Modignani rimase ucciso nella carica, insieme al suo aiutante maggiore Sottotenente Emilio Ragazzi: entrambi furono poi decorati di Medaglia al valor militare. La carica spezzò definitivamente la resistenza dei sovietici, che si ritirarono in disordine, ma le perdite tra gli italiani furono di un certo rilievo (lo stesso capitano Marchio venne gravemente ferito).
Verso le 9:30 il combattimento aveva praticamente termine. Le perdite degli italiani furono contenute, da un punto di vista militare: 32 cavalieri morti (dei quali 3 ufficiali) e 52 feriti (dei quali 5 ufficiali), un centinaio di cavalli fuori combattimento. I sovietici lasciano sul campo 150 morti e circa 600 prigionieri, oltre ad una cospicua mole di armi (4 cannoncini, 10 mortai e una cinquantina tra mitragliatrici ed armi automatiche). L'azione, coraggiosa quanto audace, aveva contribuito all'allentamento della pressione dell'offensiva russa sul fronte del Don e aveva consentito il riordino delle posizioni italiane; le truppe sovietiche, tuttavia, furono in grado di consolidare le testa di ponte conquistate al di là del Don.
Il reggimento "Savoia Cavalleria" fu insignito della medaglia d'oro allo stendardo, furono concesse due medaglie d'oro alla memoria, due ordini militari di Savoia, 54 medaglie d'argento, 50 medaglie di bronzo, 49 croci di guerra, diverse promozioni per merito di guerra sul campo. La carica di Isbuscenskij ebbe subito una vasta eco: in Italia suscitò vero e proprio entusiasmo, con articoli sulla stampa ed ampie cronache nei cinegiornali Luce; l'azione venne ampiamente sfruttata e ingigantita dalla propaganda del regime, anche se dal punto di vista militare non fu che una scaramuccia. Il commento di alcuni ufficiali tedeschi, che si congratularono con Bettoni dopo lo scontro, fu «Noi queste cose non le sappiamo più fare», che, per quanto con intenti elogiativi, era un'indiretta conferma dell'arretratezza delle tecniche di guerra italiane.
Nella foto: La carica di Isbuschenskij
Lo stemma originale del Reggimento "Cavalleria Savoia" dal 1692
La drappella del 2° Squadrone di "Savoia Cavalleria" che era appesa alla tromba che suonò la carica di Isbuschenskij il 24 agosto 1942 (Villa Cadorna, Pallanza)
Dalla "Rivista di Cavalleria" Numero 4 - Aprile 1993
Francesco Saverio De Leone: Il medagliere e le motivazioni
Decreto Luogotenenziale 30 settembre 1945 registrato alla Corte dei conti il 27 novembre 1945 Guerra, registro II, foglio 351.
Sono sanzionate le seguenti concessioni di decorazioni al valor militare “sul campo” redatte dalle autorità all'uopo delegate:
MEDAGLIA D'ARGENTO
DE LEONE Francesco di Nicola e di Arcangela Cantagallo, da Penne, capitano cavalleria s.p.e. (Servizio Permanente Effettivo).
Con felice intuito si lanciava alla testa del suo squadrone alla carica di un forte schieramento avversario dotato di numerose armi automatiche e mortai. Avuto ucciso il proprio cavallo, ne montava un altro e raggiunto lo squadrone continuava l'epico vittorioso combattimento finché veniva fiaccata ogni resistenza nemica. - Fronte russo - Isbuscencki, 24 agosto 1942.
2^ MEDAGLIA D'ARGENTO
DE LEONE Francesco di Nicola e di Cantagallo Lina, da Penne (Pescara), capitano cavalleria s. p. e. Ministero guerra, stato maggiore esercito.
Ufficiale di provata capacità, tra i primi si offre per operare in territorio italiano occupato dai tedeschi. Sbarcato nell'Italia centrale e rimasto per un incidente privo di collegamento organizza d'iniziativa numerose squadre di patrioti. Due volte arrestato, tace nonostante brutali maltrattamenti e torture. Riuscito a riacquistare la libertà riprende con tenacia ammirevole la sua attività clandestina. Successivamente, assunto il comando di una formazione patriota, la guida in brillanti azioni distinguendosi nei combattimenti per la liberazione dell'Italia settentrionale. Ufficiale valoroso, animatore, di pura fede e di forte carattere. — Lombardia - Piemonte, 20 novembre 1943 — 28 aprile 1945. (vedi la tessera del Partigiano Combattente col nome di battaglia 'Milano' - -
L'evento bellico ispirò anche il cinema: nel 1952 il regista Francesco De Robertis realizzò il film "Carica eroica" con Tania Weber e Domenico Modugno
La presentazione del film "Carica eroica" nel cinegiornale dell'Istituto Luce