Renato Bigi nei ricordi di  Angelo Colangelo,
suo allievo prediletto nella Scuola d'Arte di Penne

                                           intervista di Luciano Gelsumino

Renato Bigi     "Io e Tonino Sergiacomo abbiamo passato insieme intere estati nello studio che  Bigi aveva all'interno della scuola d'Arte di Penne. La prima volta ha fatto una mostra di bambole, perchè lui aveva bisogno di soldi; bambole che modellavamo io e Sergiacomo; ma era lui che aveva l'intelligenza su che cosa fare e come fare. Abbiamo fatto questa mostra a Penne lì sotto i Portici, sotto la scuola d'Arte.  Credo che fossero gli anni immediatamente successivi alla fine della guerra.
    Fu mia madre che conobbe Renato Bigi prima di me. Mia madre (N.d.R. - Colangelo Mezzaluna Antinesca, chiamata Antonietta) era la custode della Scuola d'Arte.
    L'anno successivo alla realizzazione delle bambole abbiamo fatto delle scultore religiose: la via crucis e un Cristo. Io e Sergiacomo eravamo a modellare, ma la mente era sempre lui. Anche in questa occasione, come l'anno precedente con le bambole, l'esposizione fu avara d'incassi.
    Nonostante la notevole differenza di età, tra noi era nata una sincera amicizia. Ricordo che i suoi due figli in un periodo erano fuori Penne e quando lui stava male ero io ad assisterlo ed addirittura a leggergli il giornale quando era a letto.
    Un altro ricordo che ho nelle mente ed anche  nel cuore: quando passavamo gli interi pomeriggi a fare bambole o immagini religiose o anche quando io entravo, perchè essendoci mia madre che lavorava lì, io avevo libero accesso nella scuola, dove c'è un posto in cui facevo piccole sculture; Bigi ogni tanto veniva ed era sempre molto generoso nei commenti. E più di una volta, ed anche quando io e Sergiacomo stavamo lavorando all'interno del suo studio, lui arrivava e mi diceva:"Angiolino" - perchè io per lui ero Angiolino - , "Angiolino andiamo a fare quattro passi", ed io ero felice di fare una passeggiata con lui. E facevamo una lunga passeggiata dietro Penne, la Circonvallazione e poi lungo il viale San Francesco e giù verso la zona che scende al Cimitero, i due pini.....
    Io vivevo a Penne e le mie esperienze erano molto limitate. Molto limitate erano anche le arti. Facevo cose che permisero di dire a Pasqui (N.d.R.:  Ferruccio Pasqui,  Direttore del Regio Istituto d'Arte di Firenze, a Penne in veste di Ispettore)  che le mie sculture fossero influenzate dalle opere di Giovanni Pisano, che io non sapevo chi fosse! Perchè allora la Storia dell'Arte la andavamo a fare a scuola: la D'Assergio, che nella scuola si occupava di tutto, ci dettava gli appunti che lei derivava dalla biblioteca della scuola d'Arte.
    Bigi parlava tanto durante le passeggiate, io non osavo parlare, mi limitavo a dire si o no. Lui era grande e grosso, aveva una lunga esperienza nell'ambito della direzione della scuola, aveva esperienza come scultore; io ascoltavo semplicemente e lui molto signorilmente si portava con se questo ragazzino che ero io.
    Ricordo, da adulto, quando tornai in Italia dopo cinque anni di insegnamento in America, e mi stabilii a Firenze (N.d.R. - correva l'anno 1957), Bigi mi cercò e venne a trovarmi insieme alla moglie: mi invitarono pure a pranzo. La sua esperienza era straordinariamente più ampia della mia, io avevo solo l'esperienza americana che lui non aveva.
    Bigi è stato il mio insegnante vero. Durante il periodo fascista lui ci teneva molto alla disciplina. Spesso ci riuniva davanti al monumento  da lui realizzato all'interno del giardino della scuola in ricordo degli studenti Caduti nella Prima Guerra: io vestivo da giovane avanguardista; lui indossava abiti da gerarca.
    Forse mentalmente Bigi aveva fatto un viaggio in America, ma non studiando il Bauhaus. Mi spiego! Poi ci sono esperienze che lui forse ha visto fare: il Futurismo. Lui le ha viste fare, ma forse non credo che le ha fatte, perchè in fondo le sculture che lui ha realizzate erano tendenzialmente un po' come quelle cose che voleva il regime. Cioè una scultura, non dico ufficiale, ma anche fisico: doveva mostrare la forza fisica che è la capacità d'imporsi. Lui era un po' dell'uno e un po' dell'altro. Era una persona nobile quando diceva: "Angiolino andiamo a fare quattro passi" e facevamo un lungo giro di mezz'ora, tre quarti d'ora, un'ora.
    A scuola guardava il nostro lavoro, allora si faceva Plastica, la materia era Plastica, e lui metteva mano al lavoro, e lui sapeva fare; lui aveva una esperienza anche artigianale molto forte. Che poi è curiosa la vita, lo dico affettuosamente, aveva una moglie molto popolana, molto semplice, che però diceva quello che pensava.
    Bigi aveva una esperienza vastissima nel campo dell'artigianato, dell'artigianato artistico nobile."